Continuo Capitolo 1Il mio abbigliamento era particolare: indossavo un vestito molto bello, pieno di volants.Pieghe e merletti di color verde smeraldo svolazzavano leggeri a contatto con l'aria gelida, fredda e rumorosa che sferzava le chiome delle alte sequoie. I loro tronchi formavano una specie di gabbia, ed io stavo nell'unico spazio rotondo e verde, non circondato da quegli enormi vegetali. Io scrutavo nelle viscere più oscure degli spazi immensi creati da questi alberi, in balia del timore, della paura, e di ogni minimo rumore che sovrastava l'ambiente circostante. Sentivo che qualcosa mi osservava, che si avvicinava a me, una sensazione simile ai film sul paranormale in cui un fantasma indispettito per qualcosa ti disturba, ti osserva,ti guarda ripetutamente e aspetta il momento più opportuno per portarti negli abissi della disperazione. Questa sensazione provavo, il che certamente non era delle migliori.
Ad un certo punto, la mia supposizione si era rivelata essere esatta. Dei passi , o meglio un rumore di zoccoli echeggiava nel bosco,non capivo da dove provenissero, tanto meno volevo saperlo, perciò mi misi subito a correre in una direzione sconosciuta, seguendo il mio solo istinto di sopravvivenza, che soltanto nei momenti di difficoltà esce fuori da ogni essere umano e vivente dell'universo, e corsi. Corsi, corsi e corsi ma quei passi si avvicinavano, non sapevo in quale direzione fossero, ma stavano venendo verso di me e io persi la speranza di trovare una via di fuga in quell'immenso squarcio di verde dimenticato da tutti tranne che da Dio, che lo faceva crescere rigoglioso. Una voce si impadronì dei miei pensieri; una voce calma, rilassante e dolce, una voce maschile che conoscevo ma alla quale non riuscivo a ricollegare un volto:" Non andare da quella parte" mi disse " Vai dove il sole sorge e illumina la porta dei sogni, solo li riuscirai a svegliarti da un incubo eterno; e prendi la chiave con te" continuò:" Quale chiave?" risposi io:"Io non possiedo nessuna chiav..." Davanti a me una via si illuminò al mio passare, e fu cosi che capì che la direzione da prendere era quella. " Ehi! Aspetta! Chi sei!? Io non possiedo nessuna chiave!! Come faccio ad aprire la porta se non ho la chiave! ". Nulla. Più un'anima si fece sentire. " Ma bene! Bene! Vai all'inferno!" lo scalpiccio sui sassi si arrestò. Fu così che realizzai che era troppo tardi. Mi voltai. Una maestosa ma minacciosa figura si era fermata davanti a me. L'unica cosa che riuscivo a scorgere in quell'oscurità erano i suoi lucenti occhi cremisi, che mi scrutavano e aspettavano un mio passo falso. un corno spuntava dalla sua fronte, due ali lunghe, nere, che parevano di lino erano poste rispettivamente dal fianco destro e sinistro della creatura. Nitriva in modo pauroso. Dopo esser rimasta dieci minuti a bocca aperta realizzai di cosa si trattasse. Era un unicorno. Un bellissimo ma terribile unicorno dal manto liscio e bigio.
Arretrai. Ma al mio indietreggiare lui si faceva avanti, imponendo la sua potenza con i suoi lunghi arti. Era fiero nel suo marciare, tanto che il suo passo mi ipnotizzava, ma quello non era certo il momento migliore per ammirare un equino, alato e per giunta che non vedeva l'ora di riempirsi la pancia! Sapevo che forse non era un movimento astuto, ma l'istinto prevalse su di me. Una scossa elettrica accompagnata da un momento di adrenalina percorse la mia schiena, e quando quest'impulso raggiunse il mio cervello, una luce ad intermittenza si accese nel mio cervello e diceva “Scappa”. Me la diedi a gambe levate. Si ok. Da ciò che avete letto in precedenza magari non vi aspettavate questa mia mossa, e avrete senz'altro pensato che io affrontassi quell'enorme ammasso di zoccoli! Ebbene. Lo credevo anche io. Ma la paura e la fifa contavano di più dell'orgoglio ed il coraggio in quel momento. Non capita tutti i giorni, dopo tutto, di trovarsi al cospetto di un enorme e scuro cavallo alato che vuole nutrirsi di te e utilizzare le tue ossa come stuzzica denti no? .
Il bosco non terminava mai, non sapevo più ne' cosa fare ne' dove andare. Quella voce si fece risentire. “Ricordati ciò che ho detto, usa la chiave. La chiave ti aprirà una via di fuga la' dove il sorge sole ad est.” La strada da percorrere era terminata, ma semplicemente per il fatto che mi persi, com'era ovvio, nelle viscere di quella selva che non prometteva nulla di buono. Intanto il nostro amico si era infuriato, e nitriva come un pazzo e nella mia mente si traducevano utilizzando l'immaginazione le parole che diceva: “ Ho fame!! Vieni subito qua e fatti mangiare da me per poi usare le tue ossa come stuzzica denti!” immaginavo che l'essere stesse borbottando questo.
“ Uffa, ma perché in questo posto non esiste un Google Map!?” sbraitai guardando il mio cellulare, che inesorabilmente segnava l'assenza di campo. Decisi di rassegnarmi, di aspettare che quella creatura elegante ma terribile mi ragiungesse e mettesse fine alla mia vita. Quella breve e inutile vita che da quando era morto mio padre non mi portava altro che malessere, dolore, angoscia e disperazione. Vidi in un attimo tutti gli avvenimenti che mi avevano resa quella che ero. I miei cari, i miei amici, il mio fratellino. L'unico di cui mi importasse realmente. Fu quello il momento in cui l'animale arrivò. Mi andò contro. Stava per uccidermi. Una luce abbagliante folgorò d'improvviso le tenebre di quella massa vegetale. L'unicorno fuggì a quel chiarore, nitrendo come se fosse stato ferito da una freccia che gli aveva trapassato le ali da parte a parte. In quel momento il terreno frenò sotto i piedi di una me stessa ancora incredula per quel qualcosa di inspiegabile che era accaduto. Il mio corpo cadde pesante nel vuoto, e fu cosi che mi risvegliai.
“Judi!! Judi!! Ehi!! Svegliati!” aprì gli occhi. Non potevo credere a ciò che vedevo. In piedi sul ciglio del mio letto c'era mio fratello, che tentava amorevolmente di farmi rinsavire. Sembrava fossero passati secoli dall'ultima volta che l'avevo visto, perciò lo abbracciai, lo abbracciai come non mai, come se quella dovesse essere l'ultima notte della nostra vita su questa Terra. “ Leon!! Leon!! Sei davvero tu... Non ci posso proprio credere!!” dissi : “ Tornata!? TORNATA?” Sai da quanti giorni dormivi? Credevamo che ti fosse sucesso qualcosa lo sai?” mi sgridò togliendosi di dosso le mie braccia.
“Quanti.... giorni? Mi sono addormentata per... Giorni?” chiesi incredula e spaventata: “ Si! Si! Judi! Continuavi a parlare di un bosco tetro! E di un animale che ti inseguiva! Blateravi a proposito di una porta, di una chiave e di una voce che sentivi dentro la tua testa!” riprese mio fratello spazientito, ma più calmo.
“ Dove sono la mamma e Greg?” chiesi a Leon cercando di cambiare discorso: “ Non sono ancora arrivati, hanno avuto un contrattempo... Vedi... La madre di Greg è... è morta.”
Morte. Quante volte questo concetto mi era passato per la mente in quei lunghi istanti di agonia passata in quella selva tetra in compagnia di quell'essere e quante volte aveva toccato la mia famiglia in prima persona.
Prima mio padre, poi la signora Mia. La conoscevo da quando ero piccola. Era come se fosse una terza nonna per me. Greg abitava nella casa di fronte alla nostra, quando eravamo a Neshville. Io non ho mai potuto sopportare lui, perché rivolgeva delle attenzioni particolari a mia mamma anche quando lei e papà erano sposati. Ma la signora Mia, e si,lei era fatta di tutt'altra pasta. Ogni mattina verso le 10.00 andavo sempre a farle visita insieme a Leon e lei mi faceva trovare sempre sul tavolo del soggiorno dei gustosissimi biscotti di cioccolato e pasta frolla a forma di cuore. Li adoravo. Ci sedevamo per lunghi istanti davanti al modesto caminetto e lei mi raccontava delle leggende, di quando era piccola, del marito. Ma c'era una storia in particolare, una storia che esigevo che mi raccontasse ogni qual volta andassi da lei. Quella della principessa e delle chiavi del destino.
“Un giorno la principessa di un lontano regno ora scomparso di nome Uasal, si trovò da sola ad ereditare un grande regno, poiché i suoi genitori erano venuti a mancare in circostanze misteriose. La sua famiglia era la custode di 7 chiavi, 7 chiavi che corrispondevano a sette regni e a sette lari che avevano il compito di proteggere questi regni e in generale l'umanità dalle divinità negative, i demoni. Chi riusciva ad ottenere anche solo una delle sette chiavi riceveva da questa un immenso potere, che doveva però essere utilizzato in modo tale da proteggere l'umanità. Tanto più potere riceveva invece chi le possedeva tutte e sette, che poteva benissimo avere il controllo di tutto l'universo. Ma un giorno, la principessa giovane ed inesperta si fidò delle parole di un uomo, all'apparenza mesto, fidato e gentile, ma in realtà un uomo dal cuore meschino e malvagio. Il regno sotto il controllo della ragazza non riusciva a crescere e veniva sottomesso e sconfitto da tutte le potenze confinanti. Allora la giovane fanciulla , sotto consiglio di una domestica che in realtà era una strega maligna, si rivolse a quest'ultimo, conosciuto da tutti con il nome di Airdgal. Egli, sapendo che la famiglia reale della giovane era custode delle 7 chiavi magiche, penso di sfruttare(avendo successo) il puro cuore della principessa Uasal, per raggiungere i suoi loschi e terribili scopi. Uasal avrebbe dovuto liberare utilizzando la purezza del suo dolce cuore tutti i lari contenuti nelle sette chiavi e chiedere il loro aiuto, pregando che il regno tornasse allo splendore di un tempo e dicendole che poi sarebbe servito l'aiuto della sua grande magia per adempiere a quanto chiesto.I due si dovevano incontrare in un luogo prestabilito in una foresta lontana dalla visibilità umana, una foresta mistica, abitata da creature mai viste prime, la foresta Tuilelaith . La principessa all'inizio abboccò all'inganno, ma il lare che si trovava nella chiave custodita da lei medesima la mise in guardia riguardo il ciarlatano. Uasal si recò comunque nel posto prestabilito, portando con se la stele delle sette chiavi magiche. Airdgal svelò subito la sua vera faccia, e comandò le forze oscure di imprigionare la principessa dentro una porta magica, che avrebbe portato ad un'altra dimensione, dimenticata da Dio, dai viventi, e da tutto ciò che di lucente vi era nel mondo. Preparata ad ogni evenienza Uasal pronunciò una formula magica, che fece si che le chiavi si disperdessero per i sette regni. Airdgal in tutta risposta, formulò un sortilegio, che inseriva dentro di esse tutti i sentimenti e le azioni impure degli esseri umani, trasformando i lari al loro interno in forze negative. Solo una chiave si salvò. Una chiave che la principessa aveva protetto con la sua stessa vita. Prima che la forza negativa si impadronisse anche di questa ultima chiave , Uasal fece uscire da essa il lare corrispondente in cambio della sua anima. Se tutte le chiavi infatti fossero state contaminate, l'equilibrio del mondo si sarebbe spezzato, e i lari ormai demoni, impazziti avrebbero raso al suolo l'universo e il mago venne risucchiato dalla stessa dimensione in cui lui aveva tentato di rinchiudere la principessa, che diede in eredità il potere della chiave da lei posseduta ai futuri suoi discendenti con il compito di ritrovarle tutte quante e purificarle, per far risanare del tutto l'equilibrio del mondo intero riportando le chiavi nella stele e nel loro posto di origine.”
Questo era quanto. Mi sentivo stranamente e irrimediabilmente attratta da questa leggenda, perché in qualche modo mi sentivo legata a quella dolce ragazza che aveva sacrificato la sua vita per l'amore del suo lare, la vecchia infatti mi raccontò dopo, che i due avevano una storia d'amore, una storia d'amore che definì utopica, platonica, irrealizzabile dal momento in cui lei era un'umana e lui una mezza divinità, che non poteva permettersi di essere catturata da un sentimento irrazionale come l'Amore.
Non piansi. Non avevo lacrime per manifestare la profonda sofferenza che in quel momento stava diffondendosi nel mio cuore, già troppe volte trafitto per poter sanguinare, fu Leon che si mise a piangere e che levò la maschera del fratello forte che deve proteggere sua sorella. Ma lo capivo, capivo che cosa stava provando perché anche se io non manifestavo i miei sentimenti lui sapeva esattamente che lo stesso dolore che lui provava lo stavo provando anche io.
Lo abbracciai dicendo: “ Dai fratellino, non piangere,non voglio che tu sia triste..” detto questo lo feci posare delicatamente sul mio letto, e gli rimboccai le coperte. Dokey ci raggiunse sul lettone, e capendo la nostra tristezza rispose con un mugolio ed un enorme leccata in pieno volto ad entrambi, facendoci scappare una risata.
Tra temporale, vento, e pioggia anche quella notte passò. Leon si addormentò quasi subito con la testa appoggiata sul mio petto, e cosi anche Dokey, che si era messo ai nostri piedi e faceva da calorifero.
Io non riuscivo a dormire, ma non perché avevo passato gran parte della settimana nel mondo dei sogni ergo degli incubi, ma semplicemente perché non riuscivo a dormire. La foresta, la voce, l'unicorno dagli occhi scarlatti, tutto sembrava cosi reale.
Il mio sguardo si posò senza un motivo verso il mio collo. Notai che da esso pendeva una collana con un pendente a forma di croce celtica che non avevo mai visto prima d'ora, anzi oserei dire che non avevo mai AVUTO fino ad ora. Fu li che capì che certamente qualcosa non andava per il verso giusto.
Ma non ci feci tanto caso e cercai di riaddormentarmi inutilmente. Soltanto alle 3 del mattino riuscì a prendere sonno, con un immensa fatica dopo aver ingurgitato un sonnifero. Ma la sveglia suonò tremenda 4 ore dopo. Non era una sveglia normale, o no! Quella l'avevo lasciata apposta nel ranch della nonna perché non avevo più intenzione di andare a scuola. Fu Dokey che mi svegliò, grattando e abbaiando di sotto al portone d'ingresso principale. Scendendo per le lunghe scale a chiocciola mi accorsi che quel posto non era una semplice casa, era una vera e propria villa! Lo spazio era immenso e l'edificio disponeva inoltre di una vasta sala da ballo che culminava con un grandissimo caminetto versione “Luigi XVI”. Mi ero recata in Europa, più precisamente a Parigi l'anno prima, per volere di mia madre che voleva far migliorare il mio francese,dicendo che mi avrebbe dato più eleganza conoscere una lingua tanto raffinata come la lingua francofona. Ma io avevo da sempre odiato il francese, la consideravo una lingua da finocchi! Ogni volta che sentivo un francese parlare infatti gli ridevo in faccia, per questo in quel mese estivo e caldo com'era agosto non riuscì nemmeno a memorizzare una sola frase di ciò che mi diceva il mio insegnante privato, pagato da mia mamma che disponeva di un ingente patrimonio. L'unica cosa che in quel posto destò la mia curiosità era la reggia di Versailles. Mia madre aveva infatti fatto sì che io visitassi quella struttura imponente non in gruppo ma da sola, naturalmente insieme al mio insegnante che ne conosceva ogni angolo. Se no mi sarei senz'altro persa nei suoi meandri, dato inoltre che il mio senso dell'orientamento faceva pena. A scuola infatti il mio volto più alto nella materia “Capacità di orientamento” era... F! Ebbene guardando quel camino mi ricordava i tanti camini di Versailles e lo stesso la sala da ballo! Immaginavo tante bellissime dame di corte, lustrate e truccate per far colpo sui nobil uomini che danzavano al centro della pista. Il persistente abbaiare di Dokey interruppe però il mio fantasticare. Mi recai al portone d'ingresso e sgridai Dokey dicendo: “ Che hai da sbraitare cosi tanto! Non è ancora ora della tua passeggiata mattutina!” lui in tutta risposta mi disse: “Arrf!” e indicava con il muso la porta, come se mi stesse chiedendo di aprire.
Guardai fuori dallo spioncino, e in tutta sorpresa, mi accorsi chi stava dietro la porta. Rossi capelli venivano scossi dolcemente dal vento freddo di tramontana che la mattina tirava, due occhi blu penetranti fissavano lo spioncino, e quella pelle candida veniva illuminata dalla pallida luce del sole che si faceva vedere appena. Era lui. Laliael Webstore, che bussava alla mia porta: “ Beh? Che fai mi fai entrare o mi fai rimanere qui al freddo e al gelo?” mi disse da oltre la porta con un sorrisetto spavaldo e sicuro di se'. : “ Penso che opterò per la seconda opzione!” li dissi arrabbiata per il modo in cui si era pavoneggiato poco fa. Chiusi il chiavistello due e altre due volte per non lasciargli nemmeno un margine di possibilità nel caso lui volesse forzare la serratura. Silenzio. Dopo la mia frase non sentì più la sua voce. Riguardai nello spioncino, ma era sparito.
Tra me pensai: “ Forse gli è accaduto qualcosa? Magari si è collassato a causa del freddo? In questo caso io sarei un'assassina?” “Aaaargh!” strillai. Aprì la porta guardai a destra, poi a sinistra, ma niente. Stavo per richiudere la porta convinta che lui se ne fosse andato. Mi girai e feci per rientrare in casa, quando due braccia forti mi strinsero per la vita sollevandomi in aria: “ Yuuuh! Yuuuh! Vola vola vooolaaa!!” Mi accorsi con rammarico, che purtroppo non se n'era andato... O forse ne ero felice? Sta di fatto che mi spaventai e gli diedi un calcio, facendolo capitolare giù dagli scalini che si dovevano percorrere per raggiungere il portone di casa.
“ Yuuuh-uh! Un corno scemo! Che sei venuto a fare qui!? Io neanche ti conosco, tu ti presenti a casa mia e... e dovrei farti pure entrare? Rispondi Cane!” gli dissi scendendo giù per le scale da dove l'avevo fatto cadere e mettendogli un piede all'altezza del petto.
“ Ma come... è possibile che tu non ti ricordi di me?” mi chiese deluso e all'apparenza sorpreso. “ Io non ti ho mai visto in vita mia! Mia scambiata senz'altro per qualcun altra! Dato che immagino tu abbia molte ammiratrici!” commentai sbuffando e arrossendo un po'. “ Perché pensi questo? Sei forse gelosa?” riprese a boffonchiare con quel suo sorriso che ormai amavo alla follia.
“ Tu.... IDIOTA!” girai i tacchi ed entrai di nuovo in casa , lasciandomi quel misterioso ragazzo alle spalle.
“ Io... Gelosa...Pff! Neanche ti conosco stupido!” dissi tra me. Stavolta non senti bussare alla porta, ma suonare al campanello.
“ Chi sarà questa volta!!” aprì di scatto. Era ancora lui. “ Hai lasciato questo cagnolone fuori! Sta attenta è pericoloso si potrebbe perdere!” Mi fece saltare letteralmente i nervi: “ Tu... Tu che ne vuoi sapere eh!! Fatti gli affari tuoi e non provare a dirmi che sono irresponsabile!” gli urlai contro. “ Sei irresponsabile..” mi rispose lui con il suo solito sorrisetto. Gli chiusi un 'altra volta il portone in faccia. Chi era in realtà quel giovane? E perché le sue attenzioni in realtà mi facevano cosi tanto piacere? Continuavo ad avere la sensazione di conoscerlo...